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Nicoletta Parisi - 5.11.2014 - Il ruolo dell’ANAC nella gestione di appalti e forniture

Il ruolo dell’ANAC nella gestione di appalti e forniture

Nicoletta Parisi
Autorità Nazionale Anticorruzione

Vorrei iniziare riportando parte del discorso tenuto dal Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), Raffaele Cantone, all’Università Cattolica nella Facoltà di Medicina nel quale sono stati enunciati i tre pilastri della lotta alla corruzione. Il primo è la repressione, tradizionalmente utilizzata nel sistema italiano ed europeo, che implica il penalizzare chi commette il fatto. In pochi anni il ricorso alla repressione come strumento di contrasto alla corruzione ha palesato, anche a livello internazionale, la sua inefficacia tanto che dal 2003 a livello internazionale abbiamo adottato un approccio alla corruzione che guardi maggiormente alla prevenzione. L’ANAC è infatti un’autorità indipendente che lavora sul terreno amministrativo e che si propone di sconfiggere questo tipo di problema evitando che ci sia terreno fertile per questi fenomeni. L’ultimo pilastro è il salto di qualità culturale. A questo proposito evoco la dottrina di Norberto Bobbio che negli anni ‘70 ha parlato di funzione promozionale del diritto affermando che il diritto non è solo la fotografia dell’organizzazione giuridica della società, ma ha anche una funzione premiale e promozionale, ha il compito di indirizzare la società verso un obiettivo di promozione della società civile. L’ANAC creata dalla legge 212 e rafforzata dalla legge 190 del 2012 si situa in questa prospettiva, ha infatti il compito di promuovere un diverso rapporto tra Pubblica Amministrazione (PA) e cittadini, innestando pratiche etiche.

Cercando notizie sulla corruzione ho trovato dati sconfortanti. Abbiamo il Rapporto di Transparency International dal titolo “Corruzione e sprechi in sanità”, o il “Libro bianco sulla corruption in sanità” dell’ISPE che riportano le stesse cifre, e ancora il recente rapporto della Guardia di Finanza e della Corte dei Conti in cui si parla di 5,7 miliardi di danni sull’erario creati dal sistema corruzione con più di 13.000 impiegati pubblici coinvolti. Abbiamo di fronte un panorama devastante e anche parlando con i responsabili anticorruzione emerge un quadro non positivo che rimanda alla questione che la premessa della legalità è da ricercarsi nella responsabilità individuale. Il responsabile anticorruzione dovrebbe essere il primo ad esercitare la responsabilità individuale, ma spesso si trova in una condizione di grande difficoltà personale.

Oggi ci occupiamo di corruzione in sanità questo perché la sanità è uno dei settori maggiormente esposti al rischio di corruzione, la grandezza finanziaria del settore degli appalti e forniture di beni e servizi non ha eguali. Inoltre è un ambito che fa leva su problemi gravi e delicati come la salute della persona, per cui è difficile negare un bene per la salute. Il rapporto OCSE 2012 dà conto di come la sanità italiana abbia un livello di spesa altissimo, i dati sono enormi, la dimensione della spesa non è di per sé indice di cattiva spesa. Tuttavia il rapporto segnala sprechi e corruzione in un ordine effettivo di proporzioni per cui gli sprechi sono dovuti ad inefficienze nell’ordine dell’80% , e alla corruzione nell’ordine del 20%. Ritengo che il rapporto tra le due condizioni sia a doppio senso: l’inefficienza crea corruzione e la corruzione crea inefficienza.

I vari rapporti internazionali evidenziano le principali criticità del settore:
– un quadro normativo estremamente frammentato;
– un abuso legislazione dell’urgenza e l’esplosione del contenzioso;
– le criticità della legge 190 anticorruzione e dei suoi decreti attuativi. In particolare vi è la necessità di una messa a sistema di un prodotto normativo che in due anni (2012-2014) ha visto l’adozione di sei provvedimenti che hanno estremamente bisogno di una codificazione e unificazione per non creare incertezza;
– la difficoltà nei controlli, infatti il quadro normativo non dà conto di un sistema ben organizzato di controlli interni ed esterni;
– una asimmetria informativa tra utenti e funzionari del SSN;
– il problema delle relazioni pubblico-privato.

Queste criticità si traducono in altrettanti aspetti problematici collegati a queste criticità come la selezione e il conferimento degli incarichi dei Direttori Generali; il potere e lo stato giuridico degli stessi; i codici di comportamento; il sistema dei controlli; il problema degli acquisti e il problema dei pagamenti. Una delle questioni fondamentali è poi la commistione tra sistema sanitario e politica, c’è infatti necessità di trovare un equilibrio: la politica non dovrebbe interferire così tanto nel sistema sanitario.

In tema di appalti faccio un discorso che vuole lasciarvi spunti di riflessione. L’ANAC vede assegnarsi dalla legge 212 una serie di competenze in termini di vigilanza. Ma l’intervento più importante è stato effettuato dal decreto 90/2014 che ha affidato all’Autorità i compiti, le competenze e le risorse che spettavano all’Autorità per la Vigilanza dei Contratti Pubblici (AVCP). La vigilanza sugli appalti è un bellissimo osservatorio per capire a che punto siamo in Italia per quanto riguarda la corruzione negli appalti pubblici e un ottimo punto di partenza per radicare una diversa cultura. Le opportunità di cui ci avvaliamo sono l’indipendenza dell’ANAC, che ha ottenuto il riconoscimento di autorità indipendente per la prevenzione della corruzione dalle Nazioni Unite, e l’occasione offerta dalle tre nuove direttive europee in tema di appalti.

Le direttive europee sono molto interessanti e in esse vengono posti principi che ogni amministrazione nazionale deve porre a fondamento della propria normativa. Costituiscono quindi un atto di uniformità di principi, e di delega per quanto concerne l’assetto normativo. Le direttive sono rivoluzionarie perché cambiano il rapporto tra PA e imprese, e chiedono che le stazioni appaltanti e le imprese creino un rapporto ben prima della gara d’appalto, come a dire che la bontà di ciascuna impresa nasce nella misura in cui si rapporta alla PA in modo virtuoso. Questa cosa costituisce una rivoluzione poiché il codice stabilisce che una gara può esser dichiarata illegittima se l’impresa che ha vinto ha avuto in precedenza rapporti di lobbying con la PA. In Senato si è discusso di come mettere a principio da noi la rappresentanza di interessi dato che in Italia si considera l’attività di lobbying un atto di corruzione. Nel decreto 90 ,che attua alcuni contenuti delle direttive, ci sono altri punti che incentivano la responsabilità civile: cioè accesso civico e tutela del dipendente che denuncia illeciti. Questi sono due strumenti che fanno capire che la corruzione è un problema individuale.

Cosa fa in concreto l’ANAC? Abbiamo aperto un protocollo riservato di posta certificata per ricevere le segnalazioni dei whistleblowers, abbiamo iniziato da ottobre a ricevere segnalazioni tutelando la riservatezza del segnalante, riceviamo anche segnalazioni in forma anonima, ma la prospettiva è quella che tutte le segnalazioni siano in chiaro. Dialogheremo con le pubbliche autorità anche segnalando alla procura della Corte dei Conti i casi, di loro pertinenza, che ci verranno segnalati. È stato inoltre stipulato un protocollo di intesa triennale con AGENAS che ha come obiettivo principale la creazione di un efficace sistema di controlli interni. Stiamo inoltre sviluppando inoltre un’ azione per cui ciascuna impresa che partecipa ad un appalto sviluppi la propria integrità adottando misure necessarie per creare sistemi appropriati di legalità nella stipulazione dei contratti di appalti pubblici.

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