ILLUMINIAMO LA SALUTE
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Memoria

In questa pagina abbiamo raccolto le storie di chi ha lottato per la salute e il benessere delle persone in ambito sanitario, sociale e ambientale.

     «Sono pagine che non chiedono solo di essere lette (…) ma di essere vissute.
Portatele dunque con voi, apritele a caso e lasciate che quelle vite vi scavino dentro,
vi diano forza e motivazione, vi riconducano all’impegno più determinati e consapevoli».
     
Luigi Ciotti

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ilaria alpi

Ilaria Alpi e Miran Hrovatin

Ilaria Alpi era una giornalista italiana del TG3 e Miran Hrovatin era un fotografo e cineoperatore italiano. Entrambi sono morti a Mogadiscio in Somalia il 20 marzo 1994. Ilaria Alpi fu uccisa mentre si trovava a Mogadiscio come inviata del TG3 per seguire la guerra civile somala e per indagare su un traffico d’armi e di rifiuti tossici illegali. I due giornalisti scoprirono un traffico internazionale di veleni, rifiuti tossici e prodotti radioattivi nei Paesi industrializzati e stivati nei Paesi poveri dell’Africa, in cambio di tangenti e armi scambiate coi gruppi politici locali. La verità giudiziaria sulla uccisione di Ilaria e Miran non è ancora stata accertata. Per approfondire

 

Domenico Beneventanodomenicobeneventano

Era un medico prestato alla politica. Venne eletto consigliere comunale al comune di Ottaviano (NA) nelle liste del PCI per due volte consecutive, nel 1975 e nel 1980. Al centro del suo impegno politico c’era la lotta alla camorra e alle sue infiltrazioni nelle amministrazioni locali, negli anni in cui Ottaviano era il feudo indiscusso di Raffaele Cutolo e della sua Nuova Camorra Organizzata. Le sue denunce e la sua intransigenza lo resero molto presto un personaggio scomodo. Così, la sera del 7 novembre 1980 venne ucciso in un agguato camorristico sull’uscio di casa, all’età di 32 anni.

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.Sebastiano Bosiosebastianobosio

Era un medico e agli inizi degli anni Sessanta fu protagonista di contestazioni e proteste contro l’inefficienza della pubblica amministrazione, contribuendo ad attirare l’attenzione dell’opinione pubblica e allestendo, con altri colleghi, una sala operatoria in un casello ferroviario abbandonato della linea Palermo-Messina. Nel 1974 divenne primario, in coincidenza con l’istituzione del reparto autonomo di chirurgia vascolare, staccato da cardiochirurgia. Poche settimane prima di essere ucciso aveva invitato a Palermo il noto professor Courbier, direttore dell’unità cardiovascolare dell’ospedale S. Joseph di Marsiglia, e insieme a lui aveva effettuato un intervento particolarmente difficile su una ragazza di 19 anni. Il 6 novembre del 1981, all’età di 52 anni, fu ucciso da due killer di Cosa Nostra, in via Simone Cuccia a Palermo.

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a_102762054cAmedeo Damiano

Amedeo Damiano a Milano era un giornalista del Corriere della Sera, poi si trasferì a Saluzzo. Si impegnò in politica e divenne dirigente della Democrazia cristiana cittadina e verso la metà degli anni ’80 fu chiamato alla presidenza dell’Unità Socio Sanitaria Locale. La sera del 24 marzo 1987 venne ferito sotto casa da due sicari, che gli spararono diversi colpi a una gamba e morì il 2 luglio di quell’anno. Dopo circa un anno furono arrestati tre criminali e il direttore sanitario, poi condannati definitivamente per omicidio preterintenzionale. Si era trattato di una decisione maturata negli ambienti della sanità saluzzese. In città questa storia fece impressione, tanto che il professor Sergio Anelli, ne scrisse un libro, “Omicidio in danno del dottor A.”. Il motivo dell’esecuzione era che questo professionista era d’intralcio agli interessi di chi aveva deciso di punirlo. Per approfondire

 

natale de graziaNatale De Grazia

Il Capitano della Marina Natale De Grazia a partire dal 1994 collaborò attivamente col pool investigativo della procura di Reggio Calabria relativamente al traffico di rifiuti tossici e/o radioattivi su espressa richiesta del procuratore capo dott. Francesco Scuderi, il quale ritenne preziosa la collaborazione di De Grazia con il sostituto procuratore Francesco Neri, titolare delle indagini. Il comandante De Grazia muore nel 1995 improvvisamente a Nocera Inferiore, mentre si trasferiva da Reggio Calabria a La Spezia nell’ambito delle citate indagini. La seconda autopsia fu assegnata allo stesso perito che condusse la prima e i risultati di questi ulteriori esami, che confermarono i dati della prima, furono trasmessi alla famiglia dopo circa dieci anni. Dopo la sua morte le indagini subirono un duro colpo e da allora la verità sulle “navi a perdere” non è mai stata rivelata. Il risultato del lavoro investigativo condotto dal capitano De Grazia è contenuto nei fascicoli dell’inchiesta giudiziaria sull’affondamento della nave Rigel e altri “navi a perdere” presso la procura di Reggio Calabria. Per approfondire vai al sito del  Comitatodegrazia  e alla commissione di inchiesta .

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Marcella Di Levrano

Marcella Di Levrano era originaria di Mesagne, nel Salento. Marcella è stata uccisa dalla Sacra Corona Unita all’età di 26 anni. Marcella aveva capito che l’unica strada era denunciare i suoi aguzzini. Loro lo sapevano, la seguivano, le chiedevano cosa avesse raccontato ai poliziotti. Per un pò Marcella è riuscita a scappare, poi l’hanno rapita e non è tornata più a casa. Marisa  Fiorani, la mamma di Marcella, ha raccontato la sua storia, l’avvicinamento al mondo della droga da parte di Marcella e il suo sprofondare nel mondo dell’eroina, così vicino alla malavita e il suo iniziare a collaborare con le Forze dell’Ordine, parlare e raccontare quello che vedeva e sapeva dei movimenti della Sacra Corona Unita, senza ricevere alcuna protezione. Per arrivare al tragico 5 aprile 1990: il ritrovamento in un bosco del corpo di Marcella, uccisa a colpi di pietre, proprio alla vigilia del Maxiprocesso del novembre 1990.Per approfondire.

 

Gennaro Falco

Medico ucciso nel suo ambulatorio il 31 0ttobre del 1993 a Parete (Ce). Il fatto inizialmente era apparso come conseguenza di una inspiegabile azione di un giovane balordo rimasto ignoto. Anche in questa vicenda è risultata, invece, la matrice camorrista. Il medico infatti era ritenuto “colpevole” di non avere assistito adeguatamente la moglie di Francesco Bidognetti. La donna, in realtà era deceduta perché colpita da un male incurabile rispetto al quale nulla poté fare Falco. L’episodio finora era rimasto uno dei più oscuri nell’ambito della guerra tra clan che scoppiò all’inizio degli anni ’90.

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renata_fonteRenata Fonte

Renata Fonte era una insegnante che si era dedicata alla attività politica come Assessore nel Comune di Nardò e difese il territorio e l’ambiente naturale del Salento. Sono anni di battaglie, in una Nardò accesissima nella violenza della lotta politica; un’atmosfera di sotterfugi e mezze verità – scopre certamente qualcosa di illecito su oscure speculazioni edilizie a Porto Selvaggio. All’uscita da un Consiglio comunale, la notte fra il 31 marzo ed il primo aprile 1984, a pochi passi dal portone di casa, viene assassinata a trentatré anni. L’efferato delitto ebbe immediata e lunghissima risonanza nazionale: il primo omicidio di mafia nel Salento: gli esecutori materiali, gli intermediari ed il mandante di primo livello, tutti condannati nei successivi tre gradi di giudizio. Alla storia di Renata vengono dedicati tre libri: “La posta in gioco” di Carlo Bollino, “Il caso Fonte” di Lino De Matteis; “L’innocenza che insegna” di Aa. Vv.; ed il capitolo: L’onore della testimonianza, nel libro: “Lotta civile” di Antonella Mascali. Dal primo di questi testi viene tratta la sceneggiatura di G. Ferrara del film: “La posta in gioco” (1987) di S. Nasca, con Lina Sastri.

 

Francesco Fortugnofrancescofortugno

Era un medico e al momento del suo omicidio era vicepresidente del Consiglio Regionale della Calabria. Fu ucciso il 16 ottobre 2005 a Locri, nel giorno delle primarie politiche all’interno del seggio. Al suo posto entrò in Consiglio Regionale Domenico Crea, un politico che, secondo l’accusa, era al servizio delle famiglie della ‘ndrangheta. Crea venne arrestato nel 2008 su ordine della Direzione Distrettuale Antimafia nell’ambito di un’inchiesta sulla sanità.  Il 21 giugno 2006 furono arrestati Alessandro e Giuseppe Marcianò, padre e figlio, rispettivamente caposala e infermiere in ospedale a Locri, accusati di essere i mandanti dell’assassinio. Il 3 ottobre del 2012 la Corte di Cassazione ha confermato le condanne all’ergastolo di Giuseppe Marcianò come mandante dell’omicidio, Salvatore Ritorto, il killer del politico, e Domenico Audino, annullando con rinvio, per un nuovo processo di secondo grado, la condanna di Alessandro Marcianò, padre di Giuseppe. Ma il 7 luglio del 2013 la Corte di Assise d’Appello di Reggio Calabria ha confermato la condanna all’ergastolo anche per quest’ultimo.

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Paolo Giacconepaologiaccone

Era un grande esperto di medicina legale e svolgeva la sua attività a Palermo. Divideva il suo impegno tra l’Istituto di Medicina legale che dirigeva e le consulenze per il palazzo di giustizia. Aveva ricevuto l’incarico di esaminare un’impronta digitale lasciata dai killer che nel dicembre del 1981 avevano scatenato una sparatoria tra le vie di Bagheria uccidendo quattro persone. L’impronta era di un killer della cosca di Corso dei Mille ed era l’unica prova che poteva incastrare gli assassini. Il medico ricevette delle pressioni perché aggiustasse le conclusioni della perizia dattiloscopica. Ma Giaccone si rifiutò e così il killer fu condannato all’ergastolo. In seguito, il pentito Vincenzo Sinagra rivelò i dettagli del delitto incolpando Salvatore Rotolo, che venne condannato all’ergastolo nel primo maxiprocesso a Cosa Nostra. Per le minacce a Paolo Giaccone fu arrestato anche un avvocato che al telefono lo avrebbe invitato a cambiare i risultati della perizia dattiloscopica. Paolo Giaccone fu assassinato tra i viali alberati del Policlinico di Palermo l’11 agosto 1982, a 53 anni di età. Per approfondire

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Luigi Ioculanoluigiioculano

Era un medico ucciso dalla ‘ndrangheta il 25 settembre del 1998 a Gioia Tauro, in provincia di Reggio Calabria, dove ha vissuto gran parte della sua vita. Era un medico e si impegnava ogni giorno per promuovere iniziative sociali e culturali, con la certezza che queste potessero far emergere i valori di giustizia e della legalità nella sua città. Scrisse infatti sul primo numero di Agorà, che prendeva il nome dall’omonima associazione culturale fondata insieme ad alcuni amici: «Abbiamo individuato quindi nella cultura una delle terapie più utili per contribuire a guarire la società gioiese dai malanni e dai veleni che l’appestano, convinti come eravamo che più l’uomo è istruito e colto, più sa servirsi con discernimento di tutto ciò che conosce, usandolo per il bene e per l’uomo, certamente non per il male e contro l’uomo».

 

Fortunato La Rosa

Primario in pensione del reparto oculistico dell’ospedale di Locri. Fu ucciso l’8 settembre del 2005 perché non si era piegato alla legge della ‘ndrangheta delle montagne, non aveva dato il via libera sui suoi terreni ai pascoli abusivi degli animali dei boss. Per questo delitto i Carabinieri del Nucleo Investigativo del Gruppo di Locri, coordinati dalla Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria hanno chiuso il cerchio sull’omicidio di Fortunato La Rosa. A finire in manette sono stati due uomini di ‘ndrangheta, del “locale” di Canolo. La Rosa era un uomo di specchiata rettitudine e noto, così come anche i propri familiari, per la propria assoluta intransigenza nei confronti di ogni forma di sopruso, dal 1999 aveva smesso l’attività professionale, per dedicarsi alla passione per l’agricoltura, che esercitava in alcuni possedimenti di famiglia situati nella zona tra i comuni di Canolo e Gerace, fino a quel momento rimasti in stato di semiabbandono, in preda ad alcuni occupanti abusivi ed a capi di bestiame al pascolo brado.

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.Attilio Manca attiliomanca

Attilio Manca era un medico urologo il cui cadavere fu ritrovato nella sua abitazione di Viterbo il 12 febbraio 2004. La sua morte fu inizialmente legata a un’overdose. Successivamente prese piede l’ipotesi di un suicidio. La ricostruzione fu però fermamente contestata dai genitori: Manca, infatti, era mancino e dunque, se fosse stato lui a farlo, non si sarebbe iniettato la droga nel polso sinistro ma in quello destro. Dunque, i genitori sostennero che il figlio non si fosse suicidato, ma che fosse stato ucciso per coprire un intervento chirurgico subito da Bernardo Provenzano a Marsiglia. Secondo la successiva inchiesta dei magistrati, Provenzano sarebbe stato operato alla prostata nella clinica La Ciotat da un équipe composta da Philippe Bernaud e dagli specialisti Breton e Bonin. Durante questo viaggio l’urologo sarebbe entrato in contatto con il capomafia. All’inizio del mese di novembre del 2003, infatti, il medico sarebbe stato a Marsiglia. Il legale della famiglia nel 2009 dichiarò a Radio24 che le indagini svolte dalla Procura di Viterbo erano state lacunose. Alla fine del 2008 la Procura di Viterbo ha riaperto le indagini ma il 15 ottobre 2012 per la quarta volta è stata chiesta l’archiviazione.  Per approfondire. Leggi il libro “Suicidate Attilio Manca“. Guarda il video.

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roberto manciniRoberto Mancini

E’ stato un poliziotto, nato a roma nel 1961 e morto il 30 aprile 2014. È stato il primo poliziotto che con la sua squadra ha indagato sullo sversamento illegale di rifiuti speciali e tossici nei territori in Campania, terre che verranno poi indicati come terra dei fuochi, e sulle attività della camorra collegate. Si arruola nella Polizia di Stato nel 1980. La sua più importante attività è legata ad indagini sulla camorra e traffico di rifiuti. A partire dal 1994, insieme alla sua squadra, comincia a svolgere delicate indagini sul clan dei Casalesi, fino a produrre una preziosa informativa che nel 1996 consegna alla direzione distrettuale antimafia di Napoli. L’indagine vede coinvolto l’avvocato Cipriano Chianese principale intermediario tra le aziende e i Casalesi nello smaltimento illecito di rifiuti pericolosi nelle discariche abusive tra Caserta e Napoli. Dopo diversi anni, durante i quali le indagini vengono ostacolate e lo stesso Mancini trasferito, il pubblico ministero Alessandro Milita, riapre le indagini, convocando Mancini a testimoniare nel processo per disastro ambientale e inquinamento delle falde acquifere in Campania. Tra il 1998 e il 2001 Mancini collabora con la Commissione rifiuti della Camera, svolgendo numerose missioni in Italia e all’estero. Il contatto ravvicinato con rifiuti tossici e radioattivi durante la sua attività investigativa lo porta a contrarre il linfoma non-Hodgkin, che gli viene diagnosticato nel 2002. Sulla sua vita è stata girata una fiction “Io non mi arrendo”. Leggi il libro “Io morto per dovere

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Girolamo Marinogirolamomarino

Era un medico. Venne ucciso all’ingresso dell’ospedale di Locri il 23 ottobre 1988. Appena 48 ore prima la sua équipe aveva operato una bimba di 4 anni, purtroppo morta. I primi sospetti per l’omicidio del primario caddero sul padre della bambina Antonio Giampaolo, che era stato condannato per sequestro di persona e all’epoca era latitante. Per la morte della bimba vennero indagati due medici e quattro infermieri. Girolamo mori a 44 anni.

Domenico Martimucci

martimucci 2Era un grande giocatore di calcio. Era nato ad Altamura il 19 agosto del 1988. Era impossibile per lui pensare a una domenica senza il pallone, già dai primi allenamenti gli allenatori si rendono conto del suo grande talento e decidono di assegnarli la maglia n. 10. Da quel momento quel numero sarà sempre il suo e con il passare del tempo cresce anche il desiderio di diventare un calciatore professionista. Ma tutta questa normalità viene spezzata il 5 marzo del 2015, quella sera gli amici gli chiedono di guardare insieme una partita, in una sala giochi chiamato Green Table. La partita è finita da pochi minuti ed esplode una bomba fatta piazzare dal boss Mario D’Ambrosio. Domi è colpito gravemente alla testa da pezzi di metallo e le sue condizioni appaiono da subito disperate e ben altre 8 persone restano ferite. Dopo 11 interventi e la riabilitazione neurologica in Austria, Domi muore il 1° agosto 2015. Nel primo grado di giudizio gli imputati sono condannati per diversi reati, tutti aggravati anche dal metodo mafioso. Mario D’Ambrosio, il mandante, è condannato a 30 anni di reclusione; Luciano Forte, esecutore materiale a 18. Con la sentenza della Corte d’Appello gli imputati sono condannati per il reato più grave di omicidio volontario. NOI SIAMO DOMI è un’associazione che è nata per aiutare i più bisognosi, lotta alla criminalità e ricerca della legalità, nel nome e nel sorriso di Domi. Per approfondire

 

dott-giuseppe-montalbano[1]Giuseppe Montalbano

Ufficiale sanitario di Camporeale e poi medico della mutua. Uomo di sani valori, che ostentava con fierezza la sua avversione verso la mafia.  Ucciso il 18 novembre del 1988. Possibili moventi: essersi presumibilmente rifiutato di curare un boss; ritenuto da Cosa Nostra confidente dei carabinieri.

 

 

 

Risultati immagini per antonio sottile alberto de falcoAntonio Sottile e Alberto De Falco

Ricordiamo gli eroici finanzieri Antonio Sottile e Alberto De Falco, medaglie d’oro al valor civile, che sacrificarono coraggiosamente la loro giovane vita nel corso di un servizio anticontrabbando in Puglia. Di seguito riportiamo le motivazioni del conferimento delle medaglie d’oro. “Nottetempo, in servizio di perlustrazione per la repressione del contrabbando, unitamente ad altri militari componenti una pattuglia, si dirigeva, con lucida determinazione, eccezionale coraggio ed eroico senso del dovere, verso un’autocolonna contrabbandiera, che trasportava tabacchi lavorati esteri poco prima sbarcati sul litorale, per intercettarla e trarre in arresto i malviventi. La vile e proditoria reazione dei contrabbandieri, posta in essere indirizzando uno dei mezzi in fuga verso l’autovettura sulla quale si trovava, gli procurava lesioni mortali. Splendido esempio di grande ardimento ed elette virtù civiche spinti sino al supremo sacrificio personale. Brindisi, 23 febbraio 2000.”

 

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Marcello torreMarcello Torre

Marcello Torre nasce a Pagani il 9 giugno 1932. Avvocato penalista e Sindaco di Pagani venne ucciso dalla camorra il giorno 11 dicembre 1980, a pochi giorni dal sisma che colpì l’Irpinia. La Commissione parlamentare antimafia della XI legislatura scriverà: <<Non di rado la camorra si è fatta garante del successo elettorale degli amministratori collusi; ha spesso inoltre assicurato la stabilità politica per far procedere senza intralci l’operazione economica intrapresa. Laddove, poi, sindaci ed amministratori comunali non si sono piegati alla logica della collusione, la camorra non si è fatta scrupolo di usare la violenza. È il caso dell’omicidio del sindaco di Pagani, Marcello Torre, colpevole di non aver favorito il sodalizio criminale nell’affidamento di appalti per la rimozione delle macerie>>. Il padre Giuseppe era uno stimato medico, la madre, Anna Contaldi è la figlia del dottor Andrea, titolare della prima farmacia della città. Da giovane si avvicina alla Azione Cattolica  e alla  Democrazia Cristiana: ha passato la sua vita per una politica onesta.  Per approfondire. Leggi il libro “Il sindaco Gentile

 

VASSALLO

Angelo Vassallo

Angelo Vassallo è stato Sindaco di Pollica, in provincia di Salerno, per tre mandati: dal 1995 al 2010. Vassallo era noto come il sindaco pescatore, per il suo passato di pescatore e per l’amore per il mare e la terra, che nella sua attività di amministratore lo aveva sempre guidato. Tra le opere che vanno ricordate non può mancare il “Museo vivo del mare”, istituito nella frazione di Pioppi, presso il castello di Vinciprova. Ambientalista convinto, amato dai suoi concittadini ed esempio di rigore nel rispetto della legge, con modi severi e fermi, che però permettono di mantenere intatta la bellezza di uno dei comuni più caratteristici del Cilento. La sera del 5 settembre 2010, mentre rincasava alla guida della sua auto, Angelo Vassallo è stato barbaramente ucciso, per mano di uno o più attentatori. I suoi assassini sono ancora ignoti. Per approfondire

Per accedere all’elenco completo delle vittime innocenti uccise dalle mafie, potete andare sul sito del progetto “Vivi” di Libera

 

Testi tratti dal sito Vivi di Libera, dal web e dal libro:
Memoria. Nomi e storie delle vittime innocenti delle mafie – Edizioni Gruppo Abele

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